lunedì 30 maggio 2011

Autoscatto aziendale



Le aziende si fotografano poco e, quando lo fanno, spesso le immagini non rendono quella che è, realmente, la faccia dell'impresa. Specialmente in un ambito come quello del B2B, la giustificazione più frequente è molto solenne: "facciamo prodotti brutti" (però sulle brochure non lo dicono mai, chissà perché). Ho già parlato in passato di questo tema, che mi sta molto a cuore. L'argomento mi è tornato di attualità perché mi è capitato di vedere la nuova serie di Megafabbriche dedicata agli stabilimenti italiani su National Geographic Channel: immagini di grande impatto con operai e professionisti italiani al lavoro, il miglior spot possibile per presentare, senza fronzoli né banalità retoriche, il vero e proprio made in Italy. Si vedevano pezzi di rotori di un elicottero e di un aereo in costruzione, banchi prova al lavoro, macchine utensili all'opera con precisione formidabile: prodotti assolutamente slegati dai settori più conosciuti e raffinati dell'Italia produttiva (come la moda o il food) ma, al tempo stesso, più affascinanti. Perché non si vedono spesso.

Non serve ricorrere a marchi come Ducati o Agusta-Westland per "scoprire" stabilimenti, processi e prodotti innovativi. Abbiamo PMI con 150 dipendenti che sono leader a livello mondiale nei loro settori di nicchia ma che, al tempo stesso, sono incredibilmente restie a mostrarsi per quello che sono. La scusa della riservatezza nei confronti dei competitor non regge, diciamolo chiaro. Anche perché poi in altri ambiti, come nelle fiere o durante i convegni, nella tranquillità di una chiacchierata davanti a un caffè si svelano segreti industriali molto più significativi (ne ho sentiti a decine, con le mie orecchie). Di norma, io cerco sempre di convincere i miei clienti a fare foto dei propri impianti, delle proprie macchine, dei propri operai: esprimono quasi sempre concetti positivi, come l'importanza del lavoro quotidiano, delle sinergie professionali che si creano tra le persone e della creatività dell'uomo, dal singolo operaio che risolve un piccolo problema all'ingegnere che progetta una nuova soluzione rivoluzionaria. In più, se le foto sono fatte da certe prospettive, l'impatto grafico è tutt'altro che banale.

Lo so, i fotografi costano, ci vuole tempo e denaro. Ma risolvo subito la questione in modo molto personale: con una vecchia Canon da 3,2 megapixel, ossia la risoluzione minima per un cellulare di nuova generazione (per le macchine fotografiche siamo al doppio), ho fatto quasi tutte le foto qui sopra e sotto (le trovate qui, con licenza CC). Niente di eccezionale, per carità, mica faccio il fotografo. Ma è solo un esempio di cosa può fare una persona normale con una macchina fotografica normale (anzi, sorpassata) con un briciolo di tempo e di voglia di fotografare le aziende in modo, un po', alternativo. Provare non costa nulla. E magari, la prossima brochure aziendale sarà molto più bella. Gratis.




martedì 24 maggio 2011

Comunicare la sostenibilità, unendo business e tutela del pianeta

Talvolta capita. Prendi un libro in mano, un volume tecnico per fare "autoformazione", inizi a leggerlo e nella testa ti nascono spunti, idee e riflessioni a getto continuo. Leggi le frasi che ti giravano nella testa da un po' espresse in due righe, non in 2.000 battute. Quel genere di libri che, appena lo finisci, sai di avere un nuovo punto di riferimento fisso, sullo scaffale, da consultare quando vuoi. Bene, questo volume è Green Marketing, il manifesto di John Grant. La mia recensione "ufficiale" l'ho scritta su Anobii, qui voglio solo citare alcune dei concetti che mi hanno acceso le lampadine che dicevo prima:
  • Il nuovo marketing deve implicare il coinvolgimento attivo del cliente, si deve lavorare insieme per creare idee, comunità, eventi e stili di vita. Un dialogo creativo che influisca sullo sviluppo di un prodotto e sulle esperienze negli acquisti. Le "recensioni su Amazon" estese a tutti i settori.
  • C'è bisogno di idee di marketing buone per il business e buone per l'ambiente. Invece di concentrarci sul problema, si devono vedere le opportunità creative legate alle alternative che abbiamo. Non è più tempo di ambientalisti contro aziende.
  • Non dobbiamo far apparire "verdi" le attività e i prodotti normali ma dobbiamo fare in modo che l'alternativa verde ci appaia normale. Le innovazioni sostenibili possono generare vantaggi al pianeta e al business.
  • La sostenibilità non deve essere relegata a una funzione aziendale ma deve essere integrata in tutte le attività dell'impresa, nel lavoro quotidiano di tutti. Le aziende sono fatte di persone che saranno contente di agire anche per il bene del pianeta.
  • Il Green Marketing ha tre tipi di risultati da ottenere: commerciali, ambientali, culturali. Ottenere profitti, contribuire a tutelare del pianeta, cambiare il nostro modo di vivere "insostenibile".
  • Le cinque I del Green Marketing: intuitivo (rendere normali le innovazioni sostenibili), integrante (unire commercio, tecnologia, ecologia e crescita sociale), innovativo (nuovi prodotti, nuovo stile di vita), invitante (prodotti sostenibili migliori di quelli precedenti) e informativo (accrescere la conoscenza sulla sostenibilità)
  • Agire con integrità e dire la verità. La sostenibilità è un obiettivo complesso, i più chiari e trasparenti saranno premiati.
  • Fare prodotti che durino più a lungo e fare in modo di usare un prodotto in molti (un trapano lo usiamo 10 minuti all'anno, è necessario comprarlo?). Tesaurizzazione e condivisione.
Il libro offre mille altri spunti, questi sono quelli che mi hanno più colpito. Per finire, Grant dice che, come successo nell'IT, nuove soluzioni tecnologiche possono cambiare il mondo: sistemi che inizialmente erano conosciuti da pochi "smanettoni" ora sono di uso quotidiano e ci permettono di fare cose impensabili fino a 10 anni fa (pensiamo solo agli smartphone, ai tablet e a YouTube). La stessa cosa può accadere per la tutela dell'ambiente. Se diventiamo tutti "verdi", persone e aziende, in modo sincero e graduale, il verde sarà la nuova normalità. Un pensiero positivo e realista, per iniziare a strutturare la propria comunicazione in modo nuovo e, sicuramente, innovativo. Senza dover ricorrere a catastrofismi e allarmismi.

giovedì 19 maggio 2011

Semplicità e accessibilità, una relazione da approfondire


Le questioni legate ad accessibilità (ossia la capacità di un sito web di dare accesso in modo efficace, a livello di interfaccia e contenuti, a utenti diversi in differenti contesti) e usabilità (al di là delle definizioni burocratiche, è il grado di facilità e soddisfazione con cui la relazione tra uomo e strumento si compie) dei siti Internet non possono non interessarmi, visto anche il lavoro che faccio (vedi anche qui). Tuttavia si tratta di tematiche che spesso entrano in "luoghi" molto tecnici. Per quanto riguarda i requisiti di accessibilità di un sito, si passa, per esempio, dai linguaggi html ai frame, dalle mappe immagine agli script. E io, non essendo un tecnico, mi avvalgo spesso del supporto di gente più esperta di me, dal punto di vista tecnico ma anche normativo. Generalmente, questi professionisti fanno già parte dei team di lavoro dedicati allo sviluppo di nuovi siti Internet ma non è detto che tutto sia chiaro per tutti. Essendo spesso il "capo progetto", è sempre bene porsi una domanda in più piuttosto che una in meno.

Nei giorni scorsi, Roberto Scano, esperto di Web ma soprattutto di accessibilità e normative collegate (nonché "amico di rete" e, pure, veneziano), mi ha segnalato questa sua presentazione, "World Wild Web: siamo tutti fuorilegge?" All'interno di questo interessante approfondimento, è segnalato, a titolo esemplificativo, che tutte le partecipate del Comune di Venezia hanno numerose "non conformità" per quanto riguarda i requisiti di accessibilità. Ora, avendo lavorato con alcune di loro, mi sono convinto che fosse opportuno segnalare la cosa ad alcuni dei miei contatti per vedere se fosse possibile riflettere sulla cosa (prima) e agire per normalizzare la situazione (poi). In definitiva, i siti non rispettavano i 22 requisiti previsti (li si trova qui) e neanche le direttive (queste) che invitano a spiegare, in modo chiaro, cosa sia davvero cosa (per esempio, i moduli vanno indicati in home page con la precisa etichetta "moduli on line"). Tutto chiaro, no?

Dopo aver passato qualche ora a documentarmi, mi è nata una riflessione. I 22 requisiti sono contenuti in un documento di 160 pagine mentre le direttive in uno di 63 pagine. Io stesso ho scoperto alcune cose che non conoscevo e altre non le ho capite subito (lo ammetto candidamente). Verissimo è che le aziende hanno normative e procedure da rispettare inserite in documenti ben più corposi di questi ma mi sono chiesto una cosa: la colpa è davvero solo delle aziende? Non è che queste questioni possono apparire troppo "burocratiche" agli occhi di un responsabile comunicazione di un'azienda? Non è che un responsabile possa giudicarle "troppo complesse da rispettare", pur ammettendo che siano una cosa buona e giusta da fare nel momento in cui si decide di relazionarsi con gli utenti? Non è che una persona comune può capire che lo "sportello on line" può contenere dei moduli da scaricare anche se non c'è scritto "moduli on line"? Per rispondere a tutto questo, mi piacerebbe parlarne direttamente con Roberto. Per questo, gli proporrò un'intervista (anche se ha un miliardo di impegni) e vediamo cosa dice.

L'accessibilità è tema affascinante. Credete di no? Guardate questo video di Marina Vriz, non vedente dalla nascita e collaboratrice di ASPHI Onlus: usa un iPhone 4 più velocemente di quanto farei io. Ovviamente, è un'altra esperta di accessibilità con cui farei (anzi rifarei) volentieri quattro chiacchiere. Sorpresi? Sono sicuro di sì.

lunedì 16 maggio 2011

Sostenibilità, etica e innovazione: quattro chiacchiere con Energy Resources

Conciliare business, etica e innovazione per realizzare la "vita a zero emissioni". Questo è l'obiettivo che si è posta Energy Resources Holding, azienda con sede operativa nelle Marche e attiva su tutto il territorio nazionale, che ho incontrato al Solarexpo di Verona. Sentire queste parole a una conferenza stampa di presentazione di una holding mi ha fatto un certo effetto, generalmente ci si ferma al business. Ma un fattore altrettanto importante per la società è l'attenzione alla comunicazione: materiale stampa molto curato, siti Internet del gruppo e delle controllate fatti molto bene, presenza su Facebook e Twitter e un blog aziendale nuovo di zecca (eccolo qui). Ne ho voluto parlare insieme a Raul Sciurpa, Responsabile Marketing della società. Un particolare: Raul ti colpisce subito per il look, con capelli lunghi fino a metà schiena e orecchini su entrambi i lobi, ma soprattutto per il modo di parlare, aperto e diretto, come avesse di fronte un amico e non uno, come me, conosciuto 5 minuti prima. L'incontro è stato organizzato da Laura Bolletta, Web Strategist della società. Ecco cosa ci siamo detti.

Siete una delle poche aziende attive in molti ambiti del settore delle rinnovabili, dal fotovoltaico alla mobilità sostenibile, dalla geotermia al minieolico: come mai questa scelta?
Partiamo da un assunto: noi abbiamo una vera passione per il mondo delle rinnovabili. Questo ci porta a ricercare costantemente nuove soluzioni in nuovi settori, partendo dai problemi reali dei cittadini: traffico, smog, alti consumi energetici e bollette onerose. La nostra struttura aziendale è del tutto flessibile per modificarsi costantemente in base all'evoluzione del mercato. Abbiamo quattro aree di business di riferimento, ossia energy, efficiency, building e mobility, e su quelle ruota tutto. Pensa che abbiamo già in cantiere progetti che modificheranno ancora la nostra struttura, ottenendo un arricchimento trasversale. Questa è la nostra forza, non ci fossilizziamo mai.

Avete quintuplicato il fatturato in un anno (dai 30 milioni di euro del 2009 ai 143,7 milioni del 2010). Te lo chiedo in modo diretto: dove sta il trucco per ottenere questi risultati in un momento di crisi economica generale?
La crescita del fatturato è dovuta alla nostra capacità di adeguarci al mercato ma voglio sottolineare una cosa: l'utile, in forte crescita pure quello, viene redistribuito all'interno dell'azienda. Quello che si tengono i soci è bloccato in base a una scelta iniziale, tutto il resto viene usato per finanziare le nostre sedi, la comunicazione, la ricerca & sviluppo e le altre attività. Per questo, abbiamo le risorse per realizzare progetti che assicurano un impatto diretto sulle persone e sul territorio. Un esempio? Nel porto di Ancona abbiamo realizzato uno degli impianti fotovoltaici più grandi d'Italia ma il vero valore aggiunto è che, allo stesso tempo, abbiamo bonificato l'area dall'amianto e riqualificato una zona depressa. L'impatto sulle persone è generale, non solo per quelle che vivono nelle 1.600 abitazioni che utilizzeranno energia pulita.

Parliamo ora di comunicazione: in un settore ancora timido in questo senso, voi siete molto attivi. Che benefici vi ha portato?
Lo spiego in modo semplice. I clienti che arrivano ci chiedono di "diventare verdi" poi, quando si accorgono dei vantaggi trasversali che hanno, vogliono anche comunicarlo all'esterno e ci chiedono una mano. Di fatto, diventiamo anche consulenti di comunicazione. Per noi questa attività è fondamentale, sia a livello istituzionale che di prodotto, dato che non vogliamo solo vendere ma anche formare le persone, creare una cultura ambientale, sensibilizzare. Come ho già detto, abbiamo una passione a 360 gradi per le rinnovabili ma anche per la comunicazione e il design. Per questo abbiamo una struttura di marketing e comunicazione molto attiva e pure un Art Director, una figura normale per un'agenzia di comunicazione ma non per un'azienda attiva nelle rinnovabili.

Siete molto attivi su Internet: sito, Facebook, Twitter e un blog nuovo di zecca. Questo è strategica la rete per voi?
Essendo attenti alla comunicazione e ai rapporti con persone, ci è venuto naturale puntare sul Web. Tieni conto che abbiamo un'età media di 30 anni in azienda. Abbiamo una persona dedicata a gestire la nostra presenza online, Laura Bolletta, anche questa non proprio una figura così usuale per una società che opera nelle rinnovabili in Italia. Però la nostra presenza in rete deve riflettere quello che siamo e avevamo bisogno di uno spazio per parlare con le persone, spiegare cosa facciamo e come lo facciamo. Creare un blog ci è sembrata una soluzione ottimale per "posizionarci" meglio, anche a livello di ricerche su Google, e poter comunicare in modo aperto e professionale. Sappiamo di avere un approccio molto particolare e, oltre ad essere attivi sui Social Network, volevamo avere un luogo più "nostro" e personalizzato per spiegarlo.

Per chiudere, al vostro stand ho "respirato" questa passione per la sostenibilità, per l'ambiente, per un nuovo modello di sviluppo, una cosa che non si può creare a tavolino, che va ben oltre le parole di un comunicato stampa o di un caso di successo. Questo è il vostro vero segreto?
Sicuramente è una delle caratteristiche più importanti. Siamo un'azienda giovane, perennemente in evoluzione, se ci vedremo il prossimo anno probabilmente avremo progetti ancora diversi sulla mobilità sostenibile o su un'edilizia a impatto zero. Siamo davvero appassionati di ambiente. Quello che ti posso dire è che, al di là del mio ruolo in azienda, mi piacerebbe poter dedicare più tempo al Laboratorio Linfa, un progetto di cui sono fondatore e che abbraccia la tematica ambientale in modo transdisciplinare, dalla progettazione all’educazione, dalla comunicazione alla tutela e la conservazione della natura. Spesso manca il tempo per fare tutto, mai la passione.

La Tesla Roadster elettrica "firmata" Energy Resources
Alla fine della chiacchierata, ci siamo lasciati con un paio di idee da approfondire (qui ci sono alcune foto dei prodotti e dello stand). Devo dire che Energy Resources è stata una gran bella scoperta del Solarexpo 2011, a partire dalle persone che ne fanno parte. Raramente ho sentito pronunciare le parole "etica" e "innovazione" con questa consapevolezza e semplicità da parte di tutti, soci compresi, perché ci credono davvero. I risultati dimostrano che funziona.

giovedì 12 maggio 2011

Sprecate le parole, non l'acqua

La questione dell'acqua pubblica e tutta la comunicazione che è legata a questo tema mi affascina molto. E non da oggi (basta leggere qui). In particolare, mi colpisce l'intensa attività di certe lobby impegnate in un ambito dove il "prodotto" è legato da sempre a parole come semplicità e limpidezza. "Semplice come bere un bicchier d'acqua" o, almeno, dovrebbe esserlo. Invece da qualche tempo gli attacchi, diretti o indiretti, all'acqua pubblica si sprecano (vedi qui). L'ultimo caso, che non sarà comunque l'ultimo (e i cui protagonisti, alla fine, sono quasi sempre gli stessi), è legato alle caraffe filtranti (leggi qui). Pare che questi prodotti, entrati nell'uso comune (anche a casa mia, accendendo la curiosità di mio figlio), non solo non migliorano la qualità dell'acqua ma anzi la peggiorano, con rischi potenziali per alcune categorie di persone. Bene, e allora? Necessita un chiarimento a livello di comunicazione.

Partiamo da un assunto, un dato di fatto che è dimostrato, inattaccabile e che non mi stancherò mai di ripetere: l'acqua di rubinetto è molto, molto più controllata di quella in bottiglia e ha valori imposti dalla Legge molto più rigidi (vedi qui, nota 1). In più, costa molto, molto meno (a Venezia, un litro di acqua del sindaco costa circa 1.000 volte in meno rispetto a quella in bottiglia). E questo già basterebbe per fare due più due ma restiamo sul pezzo: e le caraffe? Una persona di grande esperienza nel settore chimico, il prof. Armando Zingales, con cui ho indirettamente collaborato a livello aziendale, ci spiega bene la situazione: può essere vero perché spesso i filtri non vengono cambiati quanto dovrebbero dalle persone che le comprano. Cioè, il problema vero non starebbe nelle caraffe stesse ma nel loro corretto uso. E qui la situazione cambia di parecchio. Con lo stesso ragionamento, se lasciamo 6 bottiglie di plastica con acqua minerale per lungo tempo in luoghi inadatti alla loro conservazione (posti particolarmente caldi o sotto il sole), probabilmente non manterranno le stesse qualità originarie. Dipende da noi, insomma, come (quasi) sempre.

Si fa in fretta a chiudere il caso. La grande maggioranza delle acque di rubinetto in Italia è di ottima qualità e questo è un dato incontrovertibile (basta leggere qui). L’odore iniziale, anche se può essere fastidioso, ne è la garanzia. Per eliminarlo come si fa? Basta lasciar decantare l’acqua in una caraffa aperta in frigo, senza filtri. L'unica discriminante è che sia, ovviamente, ben pulita. Oppure basta usare le caraffe correttamente, a quanto pare. In ogni caso, per citare Guido Ceronetti, "sprecate pure le parole e le occasioni, ma non l'acqua".      

venerdì 6 maggio 2011

Un progetto, tre lezioni utili

L'importanza delle relazioni, il difficile compito di comunicare in modo semplice, la realizzazione di contenuti del tutto particolari. Un progetto che ho appena terminato include tutto questo. Vado con ordine. Qualche mese fa mi contatta un grafico toscano (Marco Bruni, titolare di Display Design) con cui avevo lavorato tempo fa, quando ancora ero in agenzia: deve realizzare un sito molto particolare per quanto riguarda i contenuti e ha bisogno del mio aiuto, dato che ha lavorato molto bene con me. Ovviamente, accetto con entusiasmo. Organizziamo la riunione col cliente e, parlando con il presidente, definiamo le esigenze e le caratteristiche di questo sito. L'obiettivo prioritario è dare informazioni immediate e semplici da capire su prodotti di un nuovo brand (Modulabita), facilmente accessibili, ad aziende attive in mercati particolari, come Sudamerica e Nord Africa. Si tratta di strutture abitabili modulari con cui si possono realizzare velocemente case, ospedali, scuole e uffici grazie a un assemblaggio molto semplice. L'idea mi piace molto, per motivi professionali e personali, e iniziamo a collaborare.

Dopo qualche mese di lavoro è nato il sito Modulabita: lo potete trovare qui. Ha una struttura molto semplice perché deve dare la stessa idea dei prodotti (mettere insieme più componenti per realizzare oggetti più grandi e molto diversi tra loro). Non più di due click per raggiungere ogni contenuto perché i clienti a cui si rivolge sono piccole e medie aziende estere che hanno bisogno di informazioni veloci ed esaurienti. In più, l'approccio commerciale, molto particolare, è reso esplicito in una pagina dedicata: l'azienda vende i suoi prodotti in quei mercati (infatti le lingue sono solo inglese e spagnolo) per non entrare in competizione con suoi partner attivi in altri Paesi, aziende cui collabora da decenni per la fornitura di pannelli isolanti (il core business della società). Una scelta commerciale che unisce business (trovare mercati "vergini" da questo punto di vista) e correttezza, che doveva essere spiegata bene. E così è stato fatto.

Per quanto riguarda i prodotti, abbiamo deciso di specificare anche molte altre informazioni che sui cataloghi non erano evidenziate. In primis, far vedere com'erano in realtà, dato che le immagini hanno un impatto molto più forte rispetto all'idea di "strutture abitative modulabili": foto e rendering sono presenti in tutto il sito, facendo capire in modo intuitivo le possibilità costruttive e la flessibilità di questo tipo di soluzioni. In più, si è spiegato bene che la società garantisce un supporto attivo non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello progettuale (resistenza a particolari condizioni atmosferiche, a terreni difficili, etc.) e normativo (legislazioni e standard diversi per i vari Paesi). Ultimo ma non ultimo, si è sottolineata molto l'attenzione all'impatto ambientale: i vari componenti possono essere facilmente sostituiti in caso di rottura e successivamente riciclati. Ripeto, erano tutte cose che nei cataloghi erano solo accennate.

Questo progetto ha dimostrato tre cose: lavorare bene paga (ho trovato un cliente senza cercarlo, grazie al fatto di aver lavorato bene con il grafico in passato), seguire i progetti con entusiasmo paga (ho perso molto tempo a cercare informazioni supplementari che, alla fine, si sono dimostrate perfette per i messaggi che volevamo veicolare), fare le cose con semplicità paga. Tre lezioni utili per il futuro.

(la foto, tratta dal sito Modulabita, riguarda il progetto della struttura di pronto soccorso realizzato a Rio de Janeiro, in Brasile)